Ven, 20 Giugno 2025

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È di moda il ristorante asiatico: non ci capiamo niente ma fa fico uguale

Piace ai ragazzi soprattutto andare in gruppo in ristoranti dove si mangiano pietanze diverse, dai sapori nuovi. Si ordina col tablet, si paga quel che si mangia oppure a peso. Non c’è un ordine, ti mettono tutto sul tavolo e assaggi quel che ti va. Insomma è come andare al luna park.

In Italia è boom di ristoranti asiatici. Tra ottobre 2022 e settembre 2023 tra tutte le nuove attività che hanno aperto nella ristorazione il 17% erano asiatiche e per fare un paragone, solo 15% erano pizzerie. È quanto emerge dai dati dell’ultimo Osservatorio sulle nuove aperture condotto dalla piattaforma di prenotazioni online TheFork e da Format Research. Anche perché di pizzerie già ce ne sono in abbondanza. La cucina cinese e giapponese tira molto, l’indiana segue a ruota e poi via via le altre di cui si parla un gran bene: vietnamita, coreana, thailandese.

Crescono ma non sono moltissimi, concentrati tra Lombardia e Lazio, mentre in Campania hanno di meglio

Sul punto più alto del podio restano nuovi ristoranti italiani per il 55%. Quelli asiatici sono appena il 5% del totale e non raggiungono le 1000 unità.  La maggior parte si concentrano nelle grandi città: 141 a Milano, 127 a Roma, 56 a Torino. In tutto, almeno un ristorante asiatico lo troviamo in 250 città italiane. In altre parole dopo le cucine regionali italiane, la gastronomia asiatica è quella che desta più curiosità.

C’è anche chi non dimostra molto interesse. Una regione dov’è difficile trovare questi locali è la Campania.  Secondo la rivista di viaggio statunitense Time Out, Napoli è la città dove si mangia meglio al mondo, che motivo avrebbero turisti e napoletani di andare dal cinese? Meglio la pizza.

Ravioli al vapore Imagen de 张婷芝 Cathy Zhang en Pixabay

Attenzione a quali scegliere, il cibo scaduto o avariato è dietro l’angolo

Crescono ma sono ancora una forte minoranza. Tuttavia non vanno considerati “anormali” -come direbbe il generale Vannacci- ma un segnale di apertura degli italiani verso nuove esperienze gastronomiche. Il motivo sarà in parte per il fatto che più si viaggia e più si fanno esperienze che poi si vogliono ripetere e quella gastronomica può diventare una delle più gratificanti, anche perché queste cucine possono davvero offrire qualcosa di nuovo per noi. Fermo restando che basandosi moltissimo sull’importazione di cibi dall’Asia, non è sempre detto che si rispettino le norme di igiene e la qualità. Considerato inoltre che si tratta di iniziative animate da uno spirito molto più speculativo delle nostre e tendente al business spinto, più che alla diffusione di culture culinarie differenti, c’è da stare molto attenti a quali scegliere.

I cinesi sono in Lombardia e a Prato, gli indiani a Roma, Latina e Brescia

Un dato da tenere presente è la quantità di asiatici che vivono da noi, sfiorano il milione. La cinese è di gran lunga la comunità più grande e si concentra in Lombardia, a Milano principalmente e a Prato. Gli indiani invece vivono a Roma e Latina e una comunità è anche a Brescia. Chiaramente la presenza di stranieri aumenta quella di un’offerta alimentare che possa soddisfare le loro abitudini. Per questo è aumentata anche l’importazione e la produzione di alimenti per le cucine asiatiche.

Piatto vietnamita Imagen de Hihi en Pixabay

Non sappiamo niente di queste cucine ma sono di tendenza. Cos’è che piace?

Non dobbiamo tuttavia nasconderci che ci sia in atto anche una moda da parte degli Italiani ad assaggiare queste cucine. L’esotico e lo “strano” attirano. I piatti che riscuotono maggior successo sono i Noodles (spaghetti) con verdure. Il Ramen miso, una zuppa coreana con pasta di soia e pancetta di maiale, molto saporita. Il Goi Cuon, sarebbero gli involtini primavera in versione vietnamita. Il classico pollo al curry indiano. Infine c’è il Nasi Goreng, la ricetta indonesiana più famosa a base di riso basmati, vari tipi di carne, gamberetti e curry. La maggior parte di noi insiste con il riso cantonese, involtini, ravioli al vapore, maiale in agrodolce. Pochi sanno che questa è una variazione della cucina cinese che risulta molto più complessa e distante dai nostri gusti. Così come un vero ristorante giapponese non si ferma al sushi e al sashimi ma ha una produzione di zuppe e di piatti di pesce che testimoniano la grande storia che questa cucina può vantare.

Pesce alla griglia giapponese Imagen de quintonwu en Pixabay

Non solo “Tutto quello che puoi mangiare” ma formule divertenti per ordinare, scegliere e pagare attirano moltissimi i ragazzi

Nell’andare a cena con gli amici lo scopo è stare insieme divertendosi, come dicono i giapponesi che hanno inventato la Izakaya, luoghi per divertirsi mangiando insieme. Il resto non conta, che sia cibo brasiliano, turco o cinese fa lo stesso. Ad attirare la clientela italiana, in particolare i più giovani, sono anche le formule con cui si scelgono e si pagano le pietanze. La maniera super tecnologica di ordinare i piatti, tramite un piccolo tablet. L’idea di fondere più cucine insieme. A Roma c’è un ristorante dove le carni brasiliane si alternano con piatti thai e giapponesi. A Milano c’è la catena Sushiko di ristoranti giapponesi fondata da un cinese Cristian Lin. Loro stessi giocano sulla nostra ignoranza e incapacità a distinguere i volti di cinesi, coreani, giapponesi, thai e vietnamiti e anche le loro cucine e così hanno deciso di assecondare la nostra pigrizia mentale. Tanto l’obbiettivo è vendere.

Ci sono anche gli arabi e i caucasici, ma sono più distanti da noi dei cinesi

A questi si aggiungono nuove esperienze culinarie dell’Oriente, dell’area caucasica e oltre: dalla cucina georgiana, a quella russa-ucraina e uzbeka.

Con un consumatore sempre più informato, curioso ed esigente le proposte aumentano e si arricchiscono, il desiderio non solo di mangiare cibo internazionale ma di vivere un’esperienza.

Guardando a dati Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), si nota come siano più di 50mila le imprese con titolari stranieri attive nel mercato della ristorazione. Si tratta di circa il 13% del totale delle imprese registrate, includendo verosimilmente le cucine etniche presenti in Italia.

Quando arrivano da noi queste cucine perdono identità e si adattano ai nostri gusti. Se provassimo il menù vero non arriveremmo alla fine

Chi le ha provate da esperto difficilmente le ha ritrovare identiche in Italia e in occidente. La cucina è una cosa seria e i sapori sono cose delicate, sfumature. Facile che a distanza si perdano. Succede anche per la cucina Italia. Assaggiata fuori dai nostri confini perde profumi, perde identità. Spesso perché il cuoco non è italiano ma anche perché cucinare pietanze di un luogo in un altro molto distante non è mai uguale. La cucina cinese per esempio è un insieme di tante cucine di quello sterminato paese, sarebbe come dire cucina europea. Da noi ne arriva una del tutto inventata e adattata che in Cina sarebbe difficile ritrovare. Del resto portare qualcosa di molto locale altrove, sarebbe una operazione commercialmente sbagliata e il fallimento sarebbe immediato. Meglio illudere i clienti e farli divertire, ma non parliamo più di cucina etnica allora.

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