Gio, 24 Aprile 2025

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Il futuro del Made in Italy: il Festival dell’Imprenditore mette in scena il coraggio delle PMI

C’è un’Italia che si alza ogni mattina senza aspettare che cambi qualcosa, ma prova a cambiarlo lei. La si trova spesso dietro un laboratorio, in un magazzino, in una piccola azienda che produce borse o formaggi, a volte in silenzio, quasi con pudore. E poi ci sono giorni in cui queste storie escono allo scoperto. Il Festival dell’Imprenditore è stato uno di quei momenti.

Un evento nuovo, nato con l’ambizione — e il coraggio — di dare un palco vero a chi troppo spesso resta ai margini del racconto economico: le piccole e medie imprese italiane. Quelle che fanno il Made in Italy, senza retorica. E che oggi iniziano a parlare un linguaggio diverso, quello dell’intelligenza artificiale generativa.

La fabbrica delle idee, con i piedi per terra

Ci si aspetterebbe un evento patinato, pieno di acronimi e promesse futuristiche. E invece ci si imbatte in storie concrete. C’è l’imprenditrice che produce scarpe su misura a Vigevano e ora usa l’AI per disegnare le collezioni in base ai feedback online. O il giovane che ha lanciato un biscotto gluten free che cambia ingredienti a seconda della stagionalità, elaborati da un algoritmo. Idee semplici, certo. Ma nate con visione.

Il cuore del Festival è proprio questo: mettere insieme artigianalità e intelligenza artificiale, tradizione e algoritmo, creatività e automazione. Senza paura, ma con una consapevolezza forte: l’innovazione non è per forza una rottura, può essere una prosecuzione intelligente.

Le relazioni che contano, quelle che non finiscono a fine evento

L’area B2B è forse quella dove si respira meglio l’intenzione del Festival: non vendere sogni, ma creare connessioni. Incontri tra chi produce e chi investe, tra chi ha idee e chi ha esperienza. Qui si parlano linguaggi diversi — manageriali, artigiani, tecnici — ma si capiscono bene. Perché alla base c’è una domanda comune: come andare avanti?

Molti dei partecipanti non sono abituati a trovarsi sotto i riflettori. Alcuni non sapevano nemmeno come ci si iscrive a un evento del genere. Ma ci sono venuti. E per molti è stata la prima occasione concreta per immaginare una strada di crescita fuori dai propri confini.

Quando le parole non restano solo sul palco

I panel sono stati lo spazio del confronto più ampio. Niente frasi a effetto, ma tanti esempi. Le aziende che hanno raccontato cosa è cambiato da quando hanno deciso di investire sull’AI non lo hanno fatto con toni trionfalistici. Ma con onestà. “All’inizio pensavamo fosse una roba da grandi aziende. Ora la usiamo per gestire i fornitori e ci ha risolto un sacco di problemi”, ha detto una produttrice di conserve del Lazio.

Si è parlato anche di errori, di investimenti sbagliati, di formazione che ancora manca. Eppure nessuno ha messo in discussione che il salto va fatto. Per restare competitivi, sì, ma anche per dare un futuro a ciò che si è costruito spesso in una vita intera.

Non solo Italia: lo sguardo si allarga

Una sezione del Festival è stata dedicata all’internazionalizzazione. Tema ostico per molti, spesso vissuto come una montagna da scalare. Qui si è cercato di renderlo accessibile. Si è parlato di mercati, certo. Ma anche di paure, di burocrazia, di ostacoli culturali. Con consulenti e funzionari pronti ad ascoltare prima di proporre.

Perché se è vero che l’export può far crescere un’azienda, è altrettanto vero che ogni impresa ha i suoi tempi, le sue ansie, le sue priorità. E questo evento ha avuto il merito di non standardizzare le risposte.

L’eco mediatica di chi produce, non solo racconta

La partecipazione dei media è stata alta. Ma non invadente. Qui non si cercavano le luci della ribalta, ma l’opportunità di farsi conoscere per quello che si è. Alcuni imprenditori hanno detto no alle interviste, altri si sono raccontati con emozione. E non erano pochi quelli che, per la prima volta, spiegavano il proprio lavoro davanti a una telecamera.

Anche questo è fare impresa: imparare a raccontarsi. Far sapere che esisti. Che stai provando a innovare, a resistere, a crescere. Nonostante tutto.

Stefano Ruvolo: l’uomo che ha creduto che “piccolo” potesse significare “centrale”

Dietro il Festival, la visione è chiara. Quella di Stefano Ruvolo, che ha immaginato una casa per gli imprenditori spesso ignorati. “Quelli che lavorano anche quando i riflettori sono spenti”, come ha detto nel discorso di apertura. La sua idea non è nata a tavolino. È cresciuta ascoltando. E il risultato si è visto.

Il Festival dell’Imprenditore non è stato solo un evento. È stato un segnale. Che l’Italia delle PMI non è affatto ferma. È in movimento. Solo che, a volte, lo fa senza fare rumore.

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